Da ormai qualche mese, le proteste contro il cambiamento climatico sono cambiate.
Oltre che nelle piazze e nelle strade, le proteste si sono spostate anche all’interno dei musei.
Non solo quindi i ragazzi di Friday for future che recentemente hanno protestato in una blindata Sharm el-Sheikh in occasione della Cop27.
Alcuni attivisti che protestano per fermare il cambiamento climatico stanno adottando metodi di protesta più incisivi, spesso discussi dall’opinione pubblica e dalla politica.
Fra le azioni più recenti e chiacchierate, ci sono blocchi alla circolazione, flash mob presso sedi televisive e di giornale e una nuova tendenza che sta facendo molto chiacchierare.
Alcuni attivisti, infatti, hanno cominciato a protestare imbrattando o incollando le proprie mani su alcune delle opere d’arte più famose al mondo, accompagnando l’azione con slogan e striscioni.
Sono perlopiù militanti di Just Stop Oil e Ultima Generazione, entrambi del network internazionale A22. Attraverso le loro azioni hanno sicuramente fatto breccia nell’opinione pubblica.
Spesso però, attraverso questi metodi, le reazioni della società sono ostili e possono far passare l’importante messaggio sul cambiamento climatico, in secondo piano.
Da Van Gogh a Botticelli, passando per Klimt e Leonardo da Vinci.
Le proteste dei movimenti del network A22 hanno preso di mira numerosi musei, e hanno avuto come oggetto dei “raid” famosissime opere d’arte.
In Italia, gli attivisti di Ultima Generazione hanno manifestato incollandosi alla teca della Primavera del Botticelli a Firenze.
A Milano invece, attivisti dello stesso collettivo hanno lanciato 8 chili di farina su un auto dipinta dall’artista Andy Warhol.
Sempre a Milano, alcuni militanti hanno le proprie mani sul supporto dell’opera di Boccioni, Forme Uniche della Continuità nello Spazio.
A Roma, esponenti di Just Stop Oil hanno lanciato della zuppa di verdure sul quadro I girasoli di Van Gogh.
Ancora nella capitale, attivisti si sono incollati con della colla alla statua del Laocoonte.
Anche all’estero la rete dei protestanti di Just For Oil ha agito contro un quadro di Klimt a Vienna e un Van Gogh a Londra. Episodi si sono registrati anche in musei di Madrid e l’Aja. A Parigi è stata presa di mira la celebre Gioconda.
Quasi sempre le opere sono protette da teche di vetro e quindi, per la maggior parte dei casi non si sono registrati danni, a parte qualche piccola macchia sulle cornici. Spesso le azioni sono state accompagnate da striscioni, registrazioni video e slogan pronunciati dai manifestanti.
Perché questo tipo ti proteste
Gli attivisti dei network coinvolti in questo tipo di preteste affermano che l’opinione pubblica non stia parlando abbastanza della crisi climatica che sta investendo il pianeta.
Alcune fra le richieste della protesta riguardano la necessità di non usufruire più dei combustibili fossili; l’abbattimento delle emissioni di anidride carbonica così come la necessità di riuscire a fermare il sempre più preoccupante aumento delle temperature.
Secondo gli attivisti attaccare le opere d’arte è un modo per far sentire la propria voce e di veicolare i loro messaggi e rivendicazioni ad una più ampia fetta dell’opinione pubblica.
Attirare di più l’attenzione dei politici e indirizzarli verso politiche che mettano al centro la tutela dell’ambiente.
Ma i rischi di azioni come queste sono molti: l’alta risonanza mediatica – anche attraverso i social – si concentra spesso sull’azione in sé e non sul contenuto del messaggio che gli attivisti vogliono veicolare.
I militanti del network A22 affermano di aver messo in conto che attraverso queste azioni possano provocare rabbia, indignazione. E sono consapevoli che potrebbero andare incontro a denunce e arresti. Ma continuano a sostenere che azioni di questo calibro, oggi, siano necessarie. La domanda a cui rispondere, secondo loro è: “arte o vita”?
Sostengono infatti, che senza vita non è più possibile nessuna arte.
Di sicuro, è importante la tutela dell’ambiente e la salvaguarda della terra non passi in secondo piano.